Legge 23 ottobre 1960, n. 1369 “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi”

 Legge 23 ottobre 1960, n. 1369 “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi”30/10/1999

L. 23 ottobre 1960, n. 1369 (1)
Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego
di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi (1/circ).

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 25 novembre 1960, n. 289.
(1/circ) Vedi Circ. 18 marzo 1997, n. 39/97, emanata da: Ministero del Lavoro e della previdenza sociale.

1. È vietato all’imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario, qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono. È altresì vietato all’imprenditore di affidare ad intermediari, siano questi dipendenti, terzi o società anche se cooperative, lavori da eseguirsi a cottimo da prestatori di opere assunti e retribuiti da tali intermediari. È considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per esecuzione di opere o di servizi, ove l’appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, quand’anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all’appaltante.

Le disposizioni dei precedenti commi si applicano altresì alle aziende dello Stato ed agli enti pubblici, anche se gestiti in forma autonoma, salvo quanto disposto dal successivo art. 8. I prestatori di lavoro, occupati in violazione dei divieti posti dal presente articolo, sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni (1/a) (1/cost).

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(1/a) Per alcuni limiti all’applicazione dei presenti divieti, vedi l’art. 13, L. 23 dicembre 1992, n. 498, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.

(1/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-10 gennaio 1997, n. 8 (Gazz. Uff. 15 gennaio 1997, n. 3, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2, sollevata in riferimento all’art. 25, secondo comma, della Costituzione.

2. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo precedente è comminata all’imprenditore e all’appaltatore o altro intermediario l’ammenda di lire 10.000 (2) per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, ferma restando l’applicabilità delle sanzioni penali previste per la violazione della legge 29 aprile 1949, n. 264 (3) e delle altre leggi in materia (1/cost).

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(2) La misura dell’ammenda è stata così elevata dall’art. 113, secondo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689, riportata alla voce Ordinamento giudiziario. A norma dell’art. 27 cod. pen. le pene proporzionali non hanno limite massimo. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell’art. 34, primo comma, lettera m), della citata L. 24 novembre 1981, n. 689.
(3) Riportata alla voce Collocamento di lavoratori.
(1/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-10 gennaio 1997, n. 8 (Gazz. Uff. 15 gennaio 1997, n. 3, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2, sollevata in riferimento all’art. 25, secondo comma, della Costituzione.

3. Gli imprenditori che appaltano opere o servizi, compresi i lavori di facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti, da eseguirsi nell’interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, sono tenuti in solido con quest’ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento minimo inderogabile retributivo e ad assicurare un trattamento normativo, non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti.

La stessa disciplina si applica agli appalti concessi dalle imprese che esercitano un pubblico servizio per le attività di esazione, installazione e lettura di contatori, manutenzione di reti di distribuzione e di trasporto, allacciamenti, costruzione di colonne montanti, impianti di apparecchi, reti a bassa tensione e attività similari.
Gli imprenditori sono altresì tenuti in solido con l’appaltatore, relativamente ai lavoratori da questi dipendenti, all’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi di previdenza ed assistenza.

4. I diritti spettanti ai prestatori di lavoro ai sensi dell’articolo precedente potranno essere esercitati nei confronti dell’imprenditore appaltante durante l’esecuzione dell’appalto e fino ad un anno dopo la data di cessazione dell’appalto.

5. Le disposizioni di cui all’art. 3 della presente legge non si applicano:

a) agli appalti per costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti;
b) agli appalti per installazione o montaggio di impianti e macchinari;
c) ai lavori di manutenzione straordinaria;
d) ai trasporti esterni da e per lo stabilimento;
e) agli appalti che si riferiscono a particolari attività produttive, le quali richiedano in più fasi successive di lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell’impresa, sempre che tale impiego non abbia carattere continuativo;
f) agli appalti per prestazioni saltuarie ed occasionali, di breve durata, non ricorrenti abitualmente nel ciclo produttivo e nell’organizzazione dell’impresa. Per tali appalti l’esclusione dalla disciplina di cui all’art. 3 dovrà essere preventivamente autorizzata, di volta in volta, dall’Ispettorato del lavoro competente;
g) agli appalti per l’esecuzione dei lavori di facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti – esclusi per questi ultimi gli appalti di cui al secondo comma dell’art. 3 – conclusi con imprese che impiegano il personale dipendente presso più aziende contemporaneamente. Per tali appalti l’esclusione dalla disciplina di cui all’art. 3, salva la disposizione dell’art. 1676 del codice civile, dovrà essere autorizzata preventivamente dall’Ispettorato del lavoro competente del luogo dove i lavori devono eseguirsi. Restano ferme le disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1955, n. 407 (4).
h) agli appalti per la gestione dei posti telefonici pubblici, di cui all’art. 55 del regolamento di esecuzione dei titoli I, II e III del libro II della legge postale e delle telecomunicazioni, approvato con regio decreto 19 luglio 1941, n. 1198, soltanto nei casi in cui la prestazione del lavoratore per l’espletamento del servizio telefonico non sia prevalente rispetto a quella da lui normalmente svolta.

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(4) Concernente la disciplina dei lavori di facchinaggio.

6. Nei casi di inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 3, è comminata all’appaltatore l’ammenda di lire 5.000 (5) per ogni lavoratore cui si riferisce l’inosservanza e per ogni giornata di sua occupazione.

L’imprenditore è civilmente responsabile per il pagamento della ammenda di cui al comma precedente (6).

 

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