LEGGE 26 agosto 1950 numero 860 “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”

LEGGE 26 agosto 1950 numero 860 “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”
Art. 1. Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici gestanti e puerpere che prestano la loro opera nelle dipendenze di privati datori di lavoro,L comprese le lavoratrici dell’agricoltura (salariate, braccianti e compartecipanti), nonché a quelle dipendenti dagli uffici e dalle aziende dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti pubblici e Società cooperativistiche,
anche se socie di queste ultime, quando da disposizioni legislative e regolamentari sia prescritto un trattamento inferiore a quello stabilito per esse dalla presente legge (2).
Art. 2. Con successiva legge sarà provveduto a dettare norme per la tutela fisica ed economica delle lavoratrici addette ai servizi familiari e delle lavoratrici a domicilio che prestano lavoro retribuito alle dipendenze di altri.
Alle lavoratrici di cui al precedente comma si applicano, intanto, le disposizioni di cui al titolo III della presente legge.
Art. 3. Le lavoratrici di cui all’art. 1 non possono essere licenziate durante il periodo di gestazione,
accertato da regolare certificato medico, fino al termine del periodo di interdizione del lavoro previsto
dall’art. 5, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.
Tale divieto non si applica nel caso:
a) di colpa da parte della lavoratrice,
costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lav6ro,
b) di cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del
rapporto di lavoro per scadenza del termine per il quale è stato stipulato.
In caso di malattia prodotta dallo stato di gravidanza nei mesi precedenti il periodo di divieto di
licenziamento, il datore di lavoro è obbligato a conservare il posto delle lavoratrici alle quali è applicabile
il divieto stesso (3).
Art. 4. E’ vietato adibire al trasporto ed al sollevamento di pesi e ai lavori pericolosi, faticosi od
insalubri, previsti dalle disposizioni vigenti, sino alla pubblicazione del regolamento di esecuzione della
presente legge, le lavoratrici di cui all’art. 1 durante la gestazione, a partire dalla presentazione del
certificato di gravidanza, di cui agli artt. 3 e31 della presente legge, e per tre mesi dopo il parto, e fino a
sette mesi ove provvedano direttamente all’allattamento del proprio bambino.
Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni nel periodo per il quale è previsto il divieto di cui al
precedente comma (4).
Art. 5. È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i tre mesi precedenti la data presunta del parto indicata nel certificato medico di
gravidanza sé addette all’industria, e durante le otto settimane precedenti il parto se addette ai lavori
agricoli; per tutte le altre categorie il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro viene fissato in sei
settimane precedenti la data presunta del parto;
b) ove il parto avvenga oltre quella data, per tutto il periodo successivo che
precede il parto;
c) durante otto settimane dopo il parto (5) (5/a)
Art. 6. L’Ispettorato del lavoro può disporre la estensione del periodo di assenza dal lavoro di cui alla
lettera a) dell’articolo precedente, per un ulteriore periodo di assenza obbligatoria fino a sei settimane,
quando ritiene, sulla base di accertamento medico, che le condizioni di lavoro o ambientali possano
essere pregiudizievoli alla salute della donna o del bambino.
Inoltre la lavoratrice ha diritto di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di assenza obbligatoria di
cui alla lettera c) del precedente articolo, per un periodo di mesi sei, durante il quale le sarà conservato
il posto a tutti gli effetti dell’anzianità.
Le disposizioni di cui al successivo articolo 17 non si applicano durante il periodo di sei mesi di cui al
precedente comma (5/a) (6).
Art. 7. Le lavoratrici, alle quali è applicabile il divieto di cui all’art. 5, nel caso di gravi complicanze
della gestazione o per preesistenti forme morbose che si presuma possano essere aggravate dallo stato
di gravidanza, hanno facoltà di assentarsi dal lavoro dal giorno della presentazione del certificato
medico di certa gravidanza, previo controllo dell’ispettorato del lavoro (7).
Art. 8. Alle lavoratrici di cui all’art. 1 spetta l’assistenza di parto dell’Istituto presso il quale sono
assicurate per il trattamento di malattia, anche quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la
gravidanza abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.
Le lavoratrici gestanti possono sotto-porsi a visite sanitarie periodiche gratuite a cura dell’Istituto
presso il quale sono assicurate. L’Ispettorato del lavoro ha facoltà di controllo (8).
Art. 9. Il datore di lavoro deve dare alle lavoratrici soggette al divieto previsto dall’articolo 5 e che
allattano direttamente i propri bambini, per un anno dalla nascita di questi, due periodi di riposo
durante la giornata per provvedere all’allattamento.
Detti riposi sono indipendenti da quelli previsti dagli artt. 18 e 19 della L. 16 aprile 1934, n. 653, per la
tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli. Essi hanno la durata di un’ora ciascuno e comportano il
diritto per la donna di uscire dall’azienda quando il datore di lavoro non abbia messo a disposizione la
camera di allattamento e l’asilo nido di cui all’art. 11, oppure gli stessi siano ubicati fuori dell’azienda,
oppure quando l’orario di inizio e di cessazione del lavoro non consenta di trasportare il bambino nella
camera di allattamento o nell’asilo nido.
Quando invece il datore di lavoro abbia messo a disposizione la camera di allattamento e l’asilo nido, i
periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno, ed in tal caso la donna non ha diritto ad uscire dall’azienda
(9).
Art. 10. I periodi di riposo per l’allattamento si reputano ore lavorative agli effetti della durata e della
retribuzione del lavoro.
Art. 11. [E’ fatto obbligo al datore di lavoro di istituire una camera di allattamento nelle dipendenze
dei locali di lavoro per tutti i figli delle lavoratrici dipendenti, quando nell’azienda siano occupate
almeno trenta donne coniugate di età non superiore ai 50 anni.
L’Ispettorato del lavoro può disporre, in sostituzione della camera di allattamento, che il datore di
lavoro provveda ad istituire nelle adiacenze dei locali di lavoro un asilo nido per l’allattamento,
l’alimentazione e la custodia dei bambini, di età non superiore ai tre anni, delle lavoratrici dipendenti e
può inoltre promuovere l’istituzione di asili nido interaziendali convenientemente ubicati.
L’Ispettorato del lavoro può esonerare il datore di lavoro dall’obbligo dell’istituzione della camera di
allattamento e dell’asilo nido quando lo stesso datore partecipi alla istituzione o al finanziamento di
asili nido interaziendali in luoghi convenienti per le lavoratrici dipendenti. L’esonero suddetto può
concedersi anche quando le lavoratrici possono usufruire di asili gestiti e diretti da Enti di assistenza, a
condizione che il datore di lavoro contribuisca al finanziamento degli stessi.
Per il lavoro agricolo nelle zone ove esso si svolge con mano d’opera di braccianti, salariate e
compartecipanti, l’Ispettorato del lavoro promuove l’istituzione della camera di allattamento e di
asili nido al cui finanziamento hanno l’obbligo di contribuire i datori di lavoro della zona. L’istituzione
degli stessi potrà avvenire o nei capoluoghi dei comuni, o nelle frazioni in cui si svolge prevalentemente
il lavoro] (10) (10/a)
Art. 12. La camera di allattamento deve rispondere alle norme igieniche, essere convenientemente
arredata e tenuta in stato di scrupolosa pulizia e provvista di acqua.
Alla camera di allattamento deve essere adibito personale idoneo per la custodia dei bambini durante le
ore di lavoro delle madri (10/a).
Art. 13. Gli asili nido, oltre a rispondere alle norme relative . alla tutela della infanzia, devono essere
tecnicamente attrezzati per assicurare la custodia dei bambini durante l’orari di lavoro delle madri,
secondo le disposizioni che saranno impartite dall’Ispettorato del lavoro. Agli asili nido deve essere
adibito personale in possesso dei requisiti didattici per l’assistenza e l’educazione della prima infanzia
(10/a).
Art. 14. Il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro, ai sensi degli artt. 5 e 6 della presente legge,
deve essere computato nell’anzianità di servizio e ai fini della tredicesima mensilità e delle ferie.
Art. 15. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma del
precedente art. 3, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni
di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
Art. 16. La ripresa del lavoro, da parte della donna che sia stata assente in virtù delle disposizioni della
presente legge, determina di diritto lo scioglimento senza eventuale preavviso ed indennità, del
rapporto di lavoro della persona assunta in sua sostituzione, purché a questa sia stata data, notizia,
all’atto dell’assunzione, del carattere provvisorio del suo servizio.
Art. 17. Le lavoratrici dipendenti da privati datori di lavoro, salvo i particolari trattamenti previsti per
talune categorie dagli articoli successivi, hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80 per cento
della retribuzione per tutto il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro stabilita dagli artt. 5 e 6 della
presente legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
Le indennità di cui al precedente comma sono corrisposte:
a) dall’istituto nazionale per I assicurazione contro le malattie, per le lavoratrici non considerate dalla
successiva lettera b);
b) dagli altri Istituti, Enti o Casse che provvedono alla assicurazione obbligatoria contro le malattie,
per le lavoratrici ad essi iscritte.
L’indennità giornaliera è corrisposta con gli stessi criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni
dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.
I periodi di malattia determinata da gravidanza o puerperio non sono computabili agli effetti della
durata prevista da leggi, da regolamenti o da contratti per il trattamento normale di malattia.
Nulla è innovato per il trattamento economico delle dipendenti dagli Uffici e dalle Aziende dello Stato,
Regioni. Province, Comuni o da altri Enti pubblici (11).
Art. 18. Agli effetti della determinazione della misura delle indennità previste dall’articolo precedente
si intende per retribuzione:
a) per quanto riguarda le operaie, la retribuzione media globale giornaliera per 8 ore, percepita nei due
periodi di paga immediatamente precedenti a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’assenza (12);
b) per quanto riguarda le impiegate, l’importo totale della retribuzione nel mese precedente a quello nel
corso del quale ha avuto inizio l’assenza.
Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della
determinazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Art. 19. Le indennità di cui all’art. 17 sono corrisposte anche nei casi di risoluzione del rapporto di
lavoro previsti dall’art. 3, lettere b) e c) che si verifichino durante i periodi di interdizione del lavoro
previsti dagli artt. 5 e 6 della presente legge.
Art. 20. Alle lavoratrici che si avvalgono della facoltà di cui all’art. 7 della presente legge è dovuto il
trattamento economico normale stabilito in caso di malattia per il periodo non rientrante in quello di
interdizione del lavoro precedente il parto.
Art. 21. L’aborto spontaneo o terapeutico, escluso quello procurato, è considerato a tutti gli effetti
come malattia prodotta dallo stato di gravidanza o di puerperio (13).
Art. 22. È dovuta alle lavoratrici agricole di cui all’art. 1 della precedente legge, non aventi qualifica
impiegatizia, oltre l’assistenza completa di parto, ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 9
aprile 1946, n. 212, e successive modificazioni, una indennità una tantum nella misura sottoindicata a
fianco di ciascuna categoria:
10) salariate fisse assimilate, obbligate e braccianti o compartecipanti permanenti, lire 35.000;
20) braccianti o compartecipanti abituali, lire 35.000;
30) braccianti o. compartecipanti occasionali, lire 25.000;
40) braccianti o compartecipanti eccezionali, lire 20.000.
L’indennità di cui sopra sarà corrisposta in due rate, delle quali la prima all’inizio del periodo di
interdizione obbligatoria del lavoro e la seconda successivamente al parto (14).
Art. 23. Per la copertura degli oneri derivanti dalla applicazione degli artt. 17 e 22 della presente legge
è dovuto dai datori di lavoro agli Istituti, Enti o Casse tenuti, secondo la rispettiva competenza, ai sensi
degli articoli stessi, a corrispondere il trattamento economico di maternità, un contributo supplementare
sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
1° – per quelli rientranti, ai sensi dell’art. 17, lettera a) e dell’art. 22, nella competenza dell’Istituto
nazionale per l’assicurazione contro le malattie:
a) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per il settore dell’industria;
b) dello 0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del commercio;
c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del credito, assicurazione e servizi tributari
appaltati;
d) di lire 2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni giornata di donna o ragazzo per i
salariati fissi; di lire 2,95 per ogni giornata di uomo e di lire 2,32 per ogni giornata di donna o ragazzo
per i giornalieri di campagna e compartecipanti per il settore dell’agricoltura.
Il contributo è dovuto per ogni giornata di lavoro accertata, ai fini dei contributi unificati in agricoltura,
di cui al decreto legge 28 novembre 1938, li. 2138 e successive modificazioni, ed è riscosso unitamente
ai contributi predetti;
e) di lire 32 settimanali per gli apprendisti di qualunque categoria o settore.
Per quelli non rientranti in nessuno dei settori o categorie di cui alle precedenti lettere a), b), c) e
d)l’appartenenza ad uno dei settori o categorie. predetti è determinata con decrèto del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale.
2° – per quelli rientranti nella competenza degli Istituti, Enti o Casse di cui all’art. 17, lettera b):
a) dello 0,15 per cento sulla retribuzione per i giornalisti iscritti all’Istituto nazionale di previdenza
per giornalisti italiani «Giovanni Amendola»;
b) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per i lavoratori iscritti all’Ente nazionale di previdenza e
assistenza per i lavoratori dello spettacolo;
c) dello 0,50 per cento sulla retribuzione per i lavoratori iscritti alla Cassa nazionale di assistenza
per i lavoratori agricoli e forestali;
d) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per i lavoratori iscritti alle Casse di soccorso di cui al
regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e successive modificazioni, fatta eccezione per il personale
addetto alle autolinee extraurbane in concessione iscritto alle Casse di soccorso istituite per effetto della
legge 22 settembre 1960, n. 1054, per le quali il contributo previsto a carico dei datori di lavoro
dell’art. 2, n. 20, dei rispettivi statuti è comprensivo dell’onere derivante dalla erogazione del
trattamento economico per le lavoratrici madri.
Riguardo al versamento del contributo, alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro
concerne il contributo medesimo, si applicano, salvo quanto disposto al precedente numero 1), lettera
ci), le norme relative ai contributi per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Le eventuali eccedenze fra il gettito dei contributi previsti ai precedenti art. l~ e 20 ed il fabbisogno per
le prestazioni economiche di cui agli artt. 17 e 22 saranno devolute, nell’ambito di ciascun Istituto,
Ente o Cassa, all’assicurazione obbligatoria contro le malattie con particolare riguardo agli oneri
sostenuti per i ricoveri in caso di parto, anche eutocico, e per le prestazioni sanitarie comunque
connesse allo stato di gravidanza e puerperio (15).
Art. 24. L’assicurazione per la nuzialità e la natalità, istituita con R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636,
convertito in legge 6 luglio 1939, n. 1272, è soppressa a decorrere dal 10 gennaio 1951.
A partire dalla stessa data il relativo contributo previsto dalle tabelle A, B, C, D ed E, allegate al R.D.L.
citato, è dovuto a favore dell’Ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani.
L’Istituto nazionale della previdenza sociale continuerà ad effettuare la riscossione del contributo
predetto con i sistemi di accertamento e di riscossione attualmente in vigore e ne verserà l’importo,
senza carico di spesa, all’Ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani, secondo modalità da
convenirsi fra i due Istituti (16).
Art. 25. In attesa del provvedimento di cui all’art. 2 alle lavoratrici a domicilio (17) che prestano
lavoro retribuito alle dipendenze di altri e alle addette ai servizi familiari è dovuto, in caso di parto, un
assegno di maternità di lire 12.000.
In caso di aborto spontaneo o terapeutico, l’assegno è dovuto nella misura di lire 7.000.
Gli assegni di cui ai precedenti commi sono corrisposti dall’istituto nazionale della previdenza sociale.
Art. 26. Per aver diritto agli assegni di cui all’articolo precedente debbono risultare dovuti dal datore di
lavoro, anche se non versati, almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data del parto.
Per gli eventi che si verificano entro il 30 giugno 1951 (18), il diritto all’assegno sussiste qualora
risultino dovuti dal datore di lavoro, anche se non versati, almeno 26 contributi settimanali.
Gli assegni di cui all’articolo precedente non sono dovuti qualora la lavoratrice abbia diritto alle
prestazioni previste dai precedenti artt. 17 e 22.
Art. 27. Per la copertura dell’onere relativo agli assegni di cui all’art. 25, i datori di lavoro sono tenuti
a versare all’I.N.P.S. i contributi nella misura appresso indicata; lavoratori a domicilio, lire 10 per settimana;
addetti ai servizi familiari:
A) Comuni con oltre 100.000 abitanti: uomini a servizio intero, lire 10,50 per settimana; uomini a
mezzo servizio, lire 8 per settimana; donne a servizio intero, lire 5,50 per settimana; donne a mezzo
servizio, lire 3 per settimana.
B) Comuni con oltre 10.000 abitanti: uomini a servizio intero, lire 8 per settimana; uomini a mezzo
servizio, lire 8 per settimana; donne a servizio intero, lire 3 per settimana; donne a mezzo servizio, lire
3 per settimana.
La riscossione del contributo è effettuata con le modalità stabilite per i contributi dovuti per gli stessi
lavoratori ai sensi dell’art. 6 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636 (29).
Art. 28. Il fondo costituito dai proventi dei contributi di cui all’articolo precedente è amministrato,
mediante gestione separata, dagli organi dell’istituto nazionale della previdenza sociale con le norme
del R.D.L. 4 ottobre 1935, numero .1827 (19).
Art. 29. Per le prestazioni e i contributi previsti dagli artt. 25 e 27 si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 (29), convertito, con modificazioni, nella L. 6 aprile
1936, n. 1155 sul perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale, comprese
quelle sui benefici, i privilegi e le esenzioni fiscali.
Art. 30. I benefici previsti dalla presente legge assorbono fino alla concorrenza il trattamento stabilito
per il caso di gravidanza, di puerperio e di allattamento da contratti collettivi di lavoro, salvo restando,
in caso di condizioni più favorevoli, il maggiore beneficio rispetto ai benefici predetti.
Art. 31. Il certificato medico di gravidanza indica la data presunta del parto e fa stato a tale riguardò,
nonostante qualsiasi errore di previsione.
Le norme occorrenti per la regolamentazione del certificato predetto e dei certificati medici
necessari.per l’applicazione della presente legge saranno emanate dal regolamento (20).
Art. 32. Tutti i documenti occorrenti per l’applicazione della presente legge sono esenti da tassa di
bollo e registro e devono essere rilasciati senza alcuna spesa.
Art. 33. I datori di lavoro che contravvengono alle disposizioni della presente legge sono puniti:
a) con l’ammenda da lire 5.000 a lire 50.000 per ciascuna delle donne addette al lavoro e alle quali si
riferisce la contravvenzione per le violazioni agli artt. 4, 5 e 6 nel caso di rifiuto, opposizione od
ostacolo all’esecuzione del diritto di assenza dal lavoro previsto dall’art. 7;
b) con l’ammenda da lire 10.000 a lire 100.000 per le contravvenzioni agli artt. 3, 9, 10 e 11;
c) con l’ammenda da lire 5.000 a lire 30.000 per le contravvenzioni agli artt. 12 e 13.
Art. 34. Dall’entrata in vigore della presente legge è abrogato il R.D.L. 22 marzo 1934, n. 654, sulla
tutela della maternità delle lavoratrici.
Art. 35. Col regolamento che sarà approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta
del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito il Consiglio di Stato, saranno emanale le
norme occorrenti per l’applicazione della presente legge, entro due mesi dalla data di pubblicazione
della legge stessa.
Per le contravvenzioni alle norme del regolamento può essere stabilita nel regolamento stesso la pena
dell’ammenda fino a lire 30.000.
Art. 36. La presente legge entra in vigore due mesi dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale, ad eccezione dell’art. 23, che entra in vigore dall’inizio del primo periodo di paga successivo
alla data predetta (21).
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1) L’art. 33, L. 30 dicembre 1971, n. 1204, ha abrogato le disposizioni della presente legge che risultino in contrasto
con le nuove norme introdotte con la citata legge. Vedi, anche, il D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026.
2) Per le esclusioni vedi art. 1, DP.R. 21 maggio 1953, n. 568.
3) Vedi, anche, artt. 2, 3 e 13, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568. La L. 12 dicembre 1950, n. 986. cosi dispone:
«Articolo unico. L’art. 3, L. 26 agosto 1950, n. 860, entra in vigore, a modifica di quanto disposto dal successivo art.
36, contemporaneamente alla presente legge, il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
4) Vedi, anche, artt. 15, 16 e 17, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
5) Vedi, anche, artt. 18, 19 e 30, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
5/a) Vedi il D.P.R. 15 dicembre 1970, n. 1288.
6) Articolo sostituito dall’articolo unico, L. 23 maggio 1951, n. 394. Vedi, anche, art. 20 e 30, D.P.R. 21 maggio
1953, n. 568.
7) Vedi, anche, art. 21, D.P.R. 21 maggio 1953, o. 568.
8) Vedi, anche, artt. 14 e 32, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
9) Vedi, anche, artt. 16, 22 e 24, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
10) Abrogato dall’ari. 11, L. 6dicembre 1971, n. 1044.
IO/a) Vedi l’art. 34, L. 30 dicembre 1971. n. 1204.
11) Articolo così sostituito dall’art. 3, L. 9 gennaio 1963, n. 7.
12) Vedi anche art. 29. D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
13) Vedi anche artt. 11 e 12, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
14) Articolo così sostituito dall’art.4, L. 9 gennaio 1963, n. 7. Vedi anche art. 31 , D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
15) Articolo cosi sostituito dall’art. 5, L. 9 gennaio 1963, n. 7. Vedi D.M. 12 agosto 1964.
16) Articolo così sostituito dall’articolo unico, L. 15 novembre 1952, n. 1904.
17) Per il lavoro a domicilio vedi, anche, L. 13 marzo 1958. n. 264, per il lavoro domestico vedi, anche, L. 2 aprile
1958, n. 339. Vedi, inoltre, l’art. 19, L. 30 dicembre 1971, n. 1204. L’art. 25, D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403, ha
abrogato le disposizioni del presente titolo per la parte riguardante le lavoratrici addette ai servizi familiari.
18) Termine prorogato al 31 dicembre 1951 dalla L. 12 dicembre 1950, n. 987.
19) Vedi, anche art. 36 D.P.R. 21 maggio 1953, n.568.
20) Vedi artt. 4 e 7, D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.
21) Vedi nota 3 all’art.3.

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