Legge n.1204 del 30/12/1971 Tutela delle lavoratrici madri

Legge 30 dicembre 1971, n. 1204
(in GU 18 gennaio 1972, n. 14)

Tutela delle lavoratrici madri

 TITOLO I
Norme protettive

Art. 1.

Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici, comprese le apprendiste, che prestano la loro opera alle dipendenze di privati datori di lavoro, nonché alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli altri enti pubblici e dalle società cooperative, anche se socie di queste ultime.

Alle lavoratrici a domicilio si applicano le norme del presente titolo di cui agli articoli 2, 4, 6 e 9.

Alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari si applicano le norme del presente titolo di cui agli articoli 4, 5, 6, 8 e 9.

Sono fatte salve, in ogni caso, le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti, e da ogni altra disposizione.

Art. 2.

Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gestazione fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall’articolo 4 della presente legge, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.

Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e puerperio, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, ha diritto di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro mediante presentazione, entro novanta giorni dal licenziamento, di idonea certificazione dalla quale risulti l’esistenza, all’epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.

Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:

a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;

b) di cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta;

c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.

Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre 1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma della lettera b) del terzo comma del presente articolo, hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, alla ripresa dell’attività lavorativa stagionale e, sempreché non si trovino in periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, alla precedenza nelle riassunzioni.

Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale.

Art. 3.

È vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. In attesa della pubblicazione del regolamento di esecuzione della presente legge, i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano determinati dalla tabella annessa al decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio 1953, n. 568.

Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto di cui al comma precedente.

Le lavoratrici saranno, altresì, spostate ad alti e mansioni durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in cui l’ispettorato del lavoro accerti che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.

Le lavoratrici che vengano adibite a mansioni inferiori a quelle abituali conservano la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale.

Si applicano le norme di cui all’articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora le lavoratrici vengano adibite a mansioni equivalenti o superiori.

Art. 4.

È vietato adibire al lavoro le donne:

a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;

b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c) durante i tre mesi dopo il parto.

L’astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.

Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali.

Art. 5.

L’ispettorato del lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo di astensione di cui alla lettera a) del precedente articolo, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dall’ispettorato stesso, per i seguenti motivi:

a) nel caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;

b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;

c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo il disposto del precedente articolo 3.

Art. 6.

I periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli articoli 4 e 5 della presente legge devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.

Art. 7.

La lavoratrice ha diritto di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione obbligatoria di cui alla lettera c) dell’articolo 4 della presente legge, per un periodo, entro il primo anno di vita del bambino, di sei mesi, durante il quale le sarà conservato il posto.

La lavoratrice ha diritto, altresì, ad assentarsi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a tre anni, dietro presentazione di certificato medico.

I periodi di assenza di cui ai precedenti commi sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.

Art. 8.

Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non possono essere godute contemporaneamente ai periodi di astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e 5, nonché a quelli di assenza facoltativa di cui all’articolo 7 della presente legge.

Art. 9.

Alle lavoratrici spetta l’assistenza di parto da parte dell’istituto presso il quale sono assicurate per il trattamento di malattia, anche quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.

Alle lavoratrici spetta, altresì, l’assistenza ospedaliera anche nei casi di parto normale nelle forme e con le modalità previste dalle norme vigenti.

Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie periodiche gratuite a cura dell’istituto presso il quale sono assicurate.

Le norme di cui al presente articolo si applicano anche alle familiari dei lavoratori aventi diritto all’assistenza sanitaria.

Art. 10.

Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.

I periodi di riposo di cui al precedente comma hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.

I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno, e in tal caso non comportano il diritto ad uscire dall’azienda, quando la lavoratrice voglia usufruire della camera di allattamento o dell’asilo nido, istituiti dal datore di lavoro nelle dipendenze dei locali di lavoro.

I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti da quelli previsti dagli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653, sulla tutela del lavoro delle donne.

Art. 11.

In sostituzione delle lavoratrici assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni della presente legge, il datore di lavoro può assumere personale con contratto a tempo determinato in conformità al disposto dell’articolo 1, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e con l’osservanza delle norme della legge stessa.

Art. 12.

In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma del precedente articolo 2, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.

TITOLO II
Trattamento economico

Art. 13.

Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici di cui all’articolo 1, comprese le lavoratrici a domicilio e le addette ai servizi domestici e familiari, salvo quanto previsto dal successivo comma.

Alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti pubblici si applica il trattamento economico previsto dai relativi ordinamenti salve le disposizioni di maggior favore risultanti dalla presente legge.

Art. 14.

A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, al fine di consentire nel periodo immediatamente precedente e seguente il parto, l’astensione delle lavoratrici mezzadre e colone dal lavoro dei campi e la buona coltivazione del fondo, il mezzadro e il concedente, nei casi di provata necessità, sono tenuti a concordare l’assunzione di una unità lavorativa, la cui spesa sarà ripartita a meta tra mezzadro e concedente.

A partire dalla stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone spetta, per tutto il periodo di astensione obbligatoria precedente e successivo al parto previsto per le salariate e braccianti agricole, una indennità giornaliera, che verrà erogata dall’INAM in misura pari all’80 per cento del reddito medio giornaliero colonico. Tale reddito viene stabilito, in via presuntiva, per ogni due anni, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali di categoria; per la prima applicazione della presente legge tale reddito è fissato in lire 1.300 giornaliere.

Trova applicazione anche nei confronti delle colone e mezzadre la norma di cui all’articolo 9 della presente legge.

Art. 15.

Le lavoratrici hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente legge. Tale indennità e comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.

A partire dal 1° gennaio 1973, le lavoratrici, escluse quelle a domicilio e quelle addette ai servizi domestici e familiari hanno diritto, altresì, ad una indennità giornaliera pari al 30 per cento della retribuzione per tutto il periodo di assenza facoltativa dal lavoro prevista dal primo comma dell’articolo 7 della presente legge.

Le indennità di cui ai commi precedenti sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per la erogazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie dall’ente assicuratore di malattia presso il quale la lavoratrice è assicurata e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi o di anzianità assicurativa.

Art. 16.

Agli effetti della determinazione della misura delle indennità previste nell’articolo precedente, per retribuzione s’intende la retribuzione media globale giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.

Al suddetto importo va aggiunto, eccezion fatta per l’indennità di cui al secondo comma dell’articolo precedente, il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità eventualmente erogati alla lavoratrice.

Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.

Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media globale giornaliera s’intende:

a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di lavoro straordinario, l’orario medio effettivamente praticato superi le otto ore giornaliere, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero dei giorni lavorati o comunque retribuiti;

b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell’azienda o per particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l’orario medio effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro della categoria, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso.
Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell’ambito di una settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l’orario giornaliero è quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;

c) in tutti gli altri casi, l’importo che si ottiene dividendo l’ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti dal periodo stesso.

Nei confronti delle impiegate, per retribuzione media globale giornaliera si intende l’importo che si ottiene dividendo per trenta l’importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione.

Art. 17.

L’indennità di cui al primo comma dell’art. 15 è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall’articolo 2, lettera b) e c), che si verifichino durante i periodi di interdizione dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5 della presente legge.

Le lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento dell’indennità giornaliera di maternità di cui al primo comma dell’articolo 15 purché tra l’inizio della sospensione, dall’assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di 60 giorni. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali.

Qualora l’astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all’inizio della astensione obbligatoria, disoccupata e in godimento dell’indennità di disoccupazione, essa ha diritto all’indennità giornali era di maternità anziché all’indennità ordinaria di disoccupazione.

La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel precedente comma ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione perché nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell’astensione obbligatoria dal lavoro non siano trascorsi più di 180 giorni dalla data di risoluzione del rapporto e, nell’ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore ai fini dell’assicurazione di malattia 26 contributi settimanali.

La lavoratrice che, nel caso di astensione obbligatoria dal lavoro iniziata dopo 60 giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all’inizio dell’astensione obbligatoria, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all’indennità giornaliera di maternità.

Art. 18.

Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro di cui all’articolo 4 della presente legge, spetta alle lavoratrici a domicilio, a carico dell’INAM, l’indennità giornaliera di cui al precedente articolo 15 in misura pari all’80 per cento del salario medio contrattuale giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori interni, aventi qualifica operaia, della stessa industria.

Qualora, per l’assenza nella stessa provincia di industrie similari che occupano lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario contrattuale provinciale di cui al comma precedente, si farà riferimento alla media dei salari contrattuali provinciali vigenti per la stessa industria nella regione, e, qualora anche ciò non fosse possibile, si farà riferimento alla media dei salari provinciali vigenti nella stessa industria nel territorio nazionale.

Per i settori di lavoro, a domicilio per i quali non esistono corrispondenti industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate, si prenderà a riferimento il salario medio contrattuale giornaliero vigente nella provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia dell’industria che presenta maggiori caratteri di affinità.

La corresponsione dell’indennità di cui al primo comma del presente articolo è subordinata alla condizione che, all’inizio della astensione obbligatoria, la lavoratrice riconsegni al committente tutte le merci e il lavoro avuto in consegna, anche se non ultimato.

Art. 19.

Per le lavoratrici addette ai servizi domestici familiari, l’indennità di maternità di cui all’articolo 15 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità e le norme stabilite dal decreto delegato emanato ai sensi dell’articolo 35, lettera d), della legge 30 aprile 1969, n. 153.

Fino al momento in cui entreranno in vigore le norme del decreto delegato indicato nel comma precedente, continuano ad applicarsi le disposizioni del titolo III della legge 26 agosto 1950, n. 860 relative alle lavoratrici domestiche.

Art. 20.

L’interruzione della gravidanza, spontanea o terapeutica, esclusa quella procurata, è considerata a tutti gli effetti come malattia, salvo quanto disposto dall’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 25 maggio 1953, n. 568.

Art. 21.

Per la copertura degli oneri derivanti dalle norme di cui ai titoli primo e secondo della presente legge, di competenza degli enti che gestiscono l’assicurazione contro le malattie, è dovuto dai datori di lavoro agli enti predetti un contributo sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:

a) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per il settore dell’industria;

b) dello 0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del commercio;

c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del credito, assicurazione e servizi tributari appaltati;

d) di lire 2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni giornata di donna o ragazzo per i salariati fissi; di lire 2,95 per ogni giornata di uomo e di lire 2,32 per ogni giornata di donna o ragazzo per i giornalieri di campagna e compartecipanti per il settore dell’agricoltura.

Il contributo è dovuto per ogni giornata di lavoro accertata ai fini dei contributi unificati in agricoltura di cui al decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138, e successive modificazioni, ed è riscosso unitamente ai contributi predetti.

A partire dal 1° gennaio 1973 è dovuto all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie un contributo annuo di lire 25.000 milioni da parte della Cassa unica assegni familiari.

Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali

Per i lavoratori a domicilio tradizionali è dovuto un contributo di lire 120 settimanali.

Per i giornalisti iscritti all’Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani “Giovanni Amendola” è dovuto un contributo pari allo 0,15 per cento della retribuzione.

Per i lavoratori iscritti all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo è dovuto un contributo pari allo 0,53 per cento della retribuzione.

Per i lavoratori iscritti all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli impiegati dell’agricoltura è dovuto un contributo pari allo 0,50 per cento della retribuzione.

Per i lavoratori iscritti alle Casse di soccorso di cui al regio decreto 8 gennaio 1931, numero 148, e successive modificazioni, è dovuto un contributo pari allo 0,53 per cento della retribuzione. Tale contributo non è dovuto per il personale addetto alle autolinee extraurbane in concessione iscritto alle Casse di soccorso istituite per effetto della legge 22 settembre 1960, n. 1054, per le quali il contributo previsto a carico dei datori di lavoro dall’articolo 2, n. 2), dei rispettivi statuti è comprensivo dell’onere derivante dalla erogazione del trattamento economico per le lavoratrici madri.

Le eventuali eccedenze fra il gettito dei contributi e le prestazioni erogate saranno devolute, nell’ambito di ciascun istituto, ente o cassa, all’assicurazione obbligatoria contro le malattie.

Riguardo al versamento dei contributi di cui al presente articolo, alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo medesimo, si applicano le norme relative ai contributi per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura dei contributi stabiliti dalla presente legge può essere modificata in relazione alle effettive esigenze delle relative gestioni.

Art. 22.

L’assicurazione di maternità per le lavoratrici a domicilio tradizionali e per le addette ai servizi domestici familiari, gestita dall’INPS, è trasferita con i relativi avanzi di gestione all’INAM.

TITOLO III
Corresponsione di un assegno di natalità alle coltivatrici dirette, alle lavoratrici artigiane e alle lavoratrici esercenti attività commerciale

Art. 23.

Alle coltivatrici dirette, artigiane ed esercenti attività commerciale di cui rispettivamente alle leggi 22 novembre 1954, n. 1136, 29 dicembre 1956, n. 1533, e 27 novembre 1960, n. 1397, è corrisposto, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico, un assegno, una volta tanto, di lire 50.000.

Art. 24.

L’assegno di cui il precedente articolo è, rispettivamente, corrisposto in un’unica soluzione dalle Casse mutue comunali di malattia per i coltivatori diretti, dalle Casse mutue provinciali di malattia per gli artigiani e dalle Casse mutue provinciali di malattia per gli esercenti attività commerciali competenti per territorio, a seguito di apposita domanda in carta libera da presentarsi, a cura dell’interessata, entro novanta giorni successivi al parto o all’aborto. Alla domanda dovrà essere allegato, in caso di parto, il certificato di nascita o il certificato di assistenza al parto di cui al regio decreto-legge 15 ottobre 1936, n. 2128; in caso di aborto un certificato medico attestante il mese di gravidanza alla data dell’aborto.

Art. 25.

Alla spesa derivante dall’applicazione dell’articolo 23 si provvede:

a) con un contributo annuo a carico dello Stato di lire 4.000 milioni;

b) con un contributo annuo:

di lire 250 a carico dei titolari di aziende diretto-coltivatrici, per unità iscritta alle Casse mutue di malattia per i coltivatori diretti;

di lire 200 a carico dei titolari di imprese artigiane, per unità iscritta alle Casse mutue di malattia per gli artigiani;

di lire 500, 1.000, 1.500, 2.000 e 2.500 a carico degli esercenti attività commerciale, titolari di imprese, appartenenti rispettivamente alla prima, seconda, terza quarta e quinta classe di reddito di cui all’articolo 38, primo comma, lettera c), della legge 27 novembre 1960, n. 1397.

Il contributo dello Stato di cui al precedente comma è corrisposto:

a) per lire 1.700 milioni alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia dei coltivatori diretti, che provvederà a ripartirlo tra le Casse mutue comunali in proporzione agli oneri da ciascuna di esse sostenuti;

b) per lire 950 milioni alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia degli artigiani, che provvederà a ripartirlo tra le Casse mutue provinciali in proporzione agli oneri da ciascuna di esse sostenuti;

c) per lire 1.350 milioni alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia per gli esercenti attività commerciale, che provvederà a ripartirlo tra le casse mutue provinciali in proporzione degli oneri da ciascuna di esse sostenuti.

Art. 26.

All’onere derivante allo Stato dall’applicazione del precedente articolo 25 si provvede, per l’anno finanziario 1972, mediante riduzione, per lire 2.000 milioni, del Fondo speciale iscritto al capitolo n. 3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l’anno medesimo.

Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 27.

Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano a tutti gli eventi verificatisi dal 1° luglio 1972.

TITOLO IV
Disposizioni varie, vigilanza e penalità

Art. 28.

Prima dell’inizio dell’astensione obbligatoria dal lavoro di cui all’articolo 4, lettera a), della presente legge le lavoratrici di cui all’articolo 1 della presente legge dovranno consegnare al datore di lavoro e all’istituto erogatore delle indennità giornaliere di maternità il certificato medico indicante la data presunta del parto La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.

Art. 29.

Tutti i documenti occorrenti per l’applicazione della presente legge sono esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.

Art. 30.

La vigilanza sulla presente legge è demandata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita attraverso l’ispettorato del lavoro.

Al rilascio dei certificati medici di cui alla presente legge sono abilitati gli ufficiali sanitari, i medici condotti, i medici dell’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità, salvo quanto previsto dai commi successivi

Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al precedente comma, il datore di lavoro o l’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero, di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.

I medici dell’ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.

Il certificato medico attestante la malattia del bambino, di cui al secondo comma dell’articolo 7 della presente legge, può essere redatto da un medico di libera scelta della lavoratrice.

L’astensione dal lavoro di cui all’articolo 5, lettera a), della presente legge è disposta dall’ispettorato del lavoro in base ad accertamento medico, per il quale l’ispettorato del lavoro ha facoltà di delegare gli ufficiali sanitari o di avvalersi dei servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti o di enti pubblici e di istituti specializzati di diritto pubblico. In ogni caso il provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell’istanza della lavoratrice.

L’astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c)

dell’articolo 5 della presente legge è disposta dall’ispettorato del lavoro, oltreché su istanza della lavoratrice, anche di propria iniziativa, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati l’esistenza delle condizioni che danno luogo all’astensione medesima.

Parimenti, lo spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni, di cui al terzo comma dell’articolo 3 della presente legge, è disposto dall’ispettorato del lavoro sia di propria iniziativa, sia su istanza della lavoratrice.

Fino all’emanazione del primo decreto ministeriale di cui all’ultimo comma dell’articolo 4 della presente legge, l’anticipazione dell’astensione obbligatoria dal lavoro di cui al secondo comma dell’articolo sopracitato è disposta dall’ispettorato del lavoro.

I provvedimenti dell’ispettorato del lavoro in ordine a quanto previsto dai commi sesto, settimo, ottavo e nono del presente articolo sono definitivi.

Art. 31.

L’inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 della presente legge nonché il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all’articolo 7 della presente legge sono puniti con l’ammenda da lire 20.000 a lire 100.000 per ciascuna lavoratrice cui si riferisce l’inosservanza delle norme di legge.

Art. 32.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, entro 90 giorni, saranno emanate norme regolamentari per l’applicazione della presente legge.

Art. 33.

Sono abrogate le disposizioni della legge 26 agosto 1950, n. 860, sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri e successive modificazioni in contrasto con le norme della presente legge.

Art. 34.

Le disposizioni contenute negli articoli 11, 12 e 13 della legge 26 agosto 1950, n. 860, continuano ad applicarsi in via transitoria ai datori di lavoro che, ai sensi della legge stessa, abbiano istituito camere di allattamento o asili nido aziendali funzionanti alla data del 15 dicembre 1971.

L’ispettorato del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali aziendali, può autorizzare la chiusura delle camere di allattamento e degli asili nido aziendali di cui al precedente comma in relazione alle effettive esigenze delle lavoratrici occupate nell’azienda ed all’attuazione del piano quinquennale per l’istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato.

Art. 35.

La presente legge entra in vigore alla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale salvo le diverse decorrenze fissate dagli articoli precedenti e salvo quanto previsto dal successivo comma.

Alle lavoratrici che al momento dell’entrata in vigore della presente legge sono assenti dal lavoro ai sensi dell’articolo 5, lettera a), della legge 26 agosto 1950 n. 860, si continua ad applicare la norma citata fino all’esaurimento del periodo di cui alla lettera stessa.

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